Itinerario artistico-culturale

Tra Badile e Concarena

Capo di Ponte, tra Badile e Concarena, accoppiata vincente, rocce di strana magia, ricche di ricordi tanto antichi che non sembrano più tuoi ma dei progenitori preistorici, che consideravano sacre queste montagne e ne incidevano le pietre… Capo di Ponte, culla del romanico lombardo in Valle, abbracciata da S. Siro e S. Salvatore…

Ammiro la pieve di S. Siro ogni volta che passo lungo la strada statale: è là, incorruttibile, a picco sul fiume, con le sue tre absidi ornate d’archetti ed esili lesene, come sospesa nel vuoto, severa e accattivante.

Se la raggiungi dal cimitero di Cemmo, camminando non più di dieci minuti, puoi osservarne il tetto spiovente, coperto da tegole d’ardesia, e i leggeri archetti pensili. Scendi adagio i gradini di roccia ed ammiri il portale principale in puro stile romanico lombardo. L’interno, a tre navate, ha colonne con capitelli decorati, un monolitico fonte battesimale, scalinate opposte ad un presbiterio sollevato rispetto al resto della chiesa, una cripta di severa semplicità.

Difficilmente l’interno di S. Siro ti piace subito: è così spoglio, così severo! Ma poi capisci che è proprio questa la sua bellezza. Lo stile romanico - dice Marchi nel suo libro “Grandi peccatori, grandi cattedrali” - non è d’origine cristiana, deriva dalle basiliche dell’antica Roma, è un pagano convertito, è uno stile duro, penitenziale, simboleggia la fede aspra dell’antico testamento. E’ uno stile statico, compatto e razionale come un sillogismo; il romanico è semplicità, unità, ordine.

Chiesa del monastero di S. Salvatore

Puoi tornare in paese scendendo lungo una larga scalinata erbosa, immersa nel verde, con bel panorama sul fiume Oglio.

Di là dal fiume e dalla strada statale, puoi visitare la chiesa cluniacense del monastero di S. Salvatore. Tutto quanto ho detto prima sullo stile romanico vale anche per l’interno di questa chiesa, che ha capitelli scolpiti con sirene a doppia coda, grifoni, motivi floreali, foglie d’acanto, mostri paurosi, ma, a mio parere, ciò è meno vero per l’esterno. Attraversate il semplice portale architravato, che è tutto ciò che rimane di una antica cinta di mura del monastero, ed osservate le tre absidi che sembrano nascere dalla roccia, il tiburio ottagonale, snello, con bifore ad ogni lato, caratteristico del romanico francese, i tetti a cono, a capanna, a triangolo, coperti di pietre grigie. L’impressione è di leggerezza, quasi di giocosità come se queste mura uscissero dal buio del cuore della roccia e sbocciassero al sole. E’ tale l’armonia del gioco delle linee da ricordarmi musica d’autore in un balletto classico.


Boschi della Deria e di Campolungo

Dal Monastero si può salire lungo una strada a tornanti che porta a Paspardo e fermarsi nei boschi della Deria e di Campolungo. Lasciate la macchina alle grandi condotte forzate della centrale di S. Fiorano: da lì parte una comoda stradina pianeggiante, alta sulla valle, che può condurre fino a Grevo. Vi sono grandi prati circondati da un fitto bosco di castagni, cascine con pareti di granito e tetti di “piode”, in parte ristrutturate ed abitate d’estate. Alcune hanno piccoli dipinti di Madonne e Santi ancora ben conservati ed originali. Molti castagni sono enormi, centenari, profondi nel terreno, con la corteccia contorta come, a volte, il pensiero dell’uomo.


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Ultimo aggiornamento
18 agosto 2022